
Cronaca
Rigettata la confisca dei beni nelle disponibilità di un 63enne coratino
Revocati i sequestri disposti dalla magistratura tranese dal 2017 al 2019
Corato - venerdì 22 maggio 2020
18.11
Il Tribunale per le misure di prevenzione di Bari ha rigettato la richiesta della Procura di Trani, risalente all'ottobre 2017, di confiscare gli ingenti beni - per un valore di 120 milioni di euro - nelle disponibilità dell'imprenditore coratino Savino Tondo, 63 anni, pregiudicato per furto e ricettazione.
Il collegio, di conseguenza, ha revocato i precedenti sequestri disposti dalla magistratura tranese tra il 2017 ed il 2019 riguardanti conti correnti e quote societarie, direttamente o indirettamente riconducibili a Tondo in quanto intestati a suoi familiari, tra Ferrara, la Provincia Bat e l'Area Metropolitana di Bari.
Secondo l'ipotesi della Procura di Trani Tondo avrebbe reinvestito nel settore immobiliare ingenti capitali derivanti da attività illecite. Sarebbe stata rilevata, per di più, la sproporzione fra i modesti redditi dichiarati e i beni di fatto nella disponibilità del 63enne. Il Tribunale barese ha però rilevato come "la pericolosità sociale del Tondo si sia arrestata nel 1991, data in cui ha commesso l'ultimo reato per il quale è stato condannato in via definitiva" e "la sostanziale mancanza di profitti conseguiti dai reati consumati fino al 1985".
Il Tribunale per le misure di prevenzione ha richiamato la sentenza n° 24/2019 della Corte Costituzionale, concludendo che gli elementi addotti dalla Procura di Trani "non consentono di affermare la pericolosità sociale di Savino Tondo secondo i principi probatori dettati dalla sopravvenuta giurisprudenza della Corte Costituzionale (sopravvenuta rispetto al sequestro e di cui, dunque, il Tribunale di Trani che lo dispose non ha potuto tenerne conto) e, che in ogni caso, non vi è prova dell'avvenuto reimpiego dei proventi dei reati".
Il collegio, di conseguenza, ha revocato i precedenti sequestri disposti dalla magistratura tranese tra il 2017 ed il 2019 riguardanti conti correnti e quote societarie, direttamente o indirettamente riconducibili a Tondo in quanto intestati a suoi familiari, tra Ferrara, la Provincia Bat e l'Area Metropolitana di Bari.
Secondo l'ipotesi della Procura di Trani Tondo avrebbe reinvestito nel settore immobiliare ingenti capitali derivanti da attività illecite. Sarebbe stata rilevata, per di più, la sproporzione fra i modesti redditi dichiarati e i beni di fatto nella disponibilità del 63enne. Il Tribunale barese ha però rilevato come "la pericolosità sociale del Tondo si sia arrestata nel 1991, data in cui ha commesso l'ultimo reato per il quale è stato condannato in via definitiva" e "la sostanziale mancanza di profitti conseguiti dai reati consumati fino al 1985".
Il Tribunale per le misure di prevenzione ha richiamato la sentenza n° 24/2019 della Corte Costituzionale, concludendo che gli elementi addotti dalla Procura di Trani "non consentono di affermare la pericolosità sociale di Savino Tondo secondo i principi probatori dettati dalla sopravvenuta giurisprudenza della Corte Costituzionale (sopravvenuta rispetto al sequestro e di cui, dunque, il Tribunale di Trani che lo dispose non ha potuto tenerne conto) e, che in ogni caso, non vi è prova dell'avvenuto reimpiego dei proventi dei reati".