Caseificio Pugliese
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Politica

«Le ruspe al lavoro al Caseificio pugliese sono simbolo di rinascita»

La replica dell'imprenditore Giuseppe Maldera alle parole del consigliere Vito Bovino

Nel corso del consiglio comunale tenutosi giovedì scorso, il consigliere comunale del Partito Democratico Vito Bovino, nel suo intervento di biasimo verso l'operato dell'amministrazione comunale ed in particolare del sindaco, ha richiamato l'immagine delle ruspe al lavoro presso il Caseificio Pugliese, luogo simbolo scelto dall'attuale primo cittadino nella presentazione della sua candidatura a sindaco, per illustrare il suo obiettivo: rilanciare l'economia del territorio, magari recuperando anche quella storica azienda. Intento non riuscito.

Oggi, è vero, in quei locali stanno operando delle ruspe, ma l'imprenditore Giuseppe Maldera, amministratore della società "Caseificio Maldera srl", che ha deciso di riattivare in quell'area le produzioni lattiero casearie, prende le distanze dalle affermazioni di Vito Bovino e ha diffuso la seguente nota.

«Nel corso dell'ultimo consiglio comunale del 18.01.2018, il consigliere del PD Sig. Bovino Vito ha concluso un suo intervento facendo riferimento al "Caseificio Pugliese" ed alle ruspe che lo stanno abbattendo, associandolo ad un simbolo di fallimento del Sindaco Mazzilli. Ebbene sì, quelle ruspe sono un simbolo ma un simbolo di rinascita e non di distruzione. Infatti, si tratta di lavori di adeguamento sismico e strutturale finalizzati a riattivare le produzioni lattiero casearie in quello storico sito.
L'imprenditore Maldera Giuseppe, quale amministratore della società "Caseificio Maldera srl" ha deciso di investire e di rischiare in prima persona nella rinascita di quella che era un'eccellenza della nostra città. Pertanto, associare l'immagine di quelle ruspe ad un fallimento non solo è una falsità ma è mortificante per quegli imprenditori, come Maldera, che ogni giorno lottano per mantenere in piedi le proprie imprese, per farle crescere e per assicurare un lavoro ai propri dipendenti. Non vogliamo un pubblico ringraziamento, ma non meritiamo di essere denigrati»
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