Il "Grazie" a Mons. Pichierri di don Peppino Lobascio

La lettera del vicario zonale

venerdì 28 luglio 2017 10.02
A cura di Don Peppino Lobascio
Tracciare un profilo biografico di una persona che ti ha accompagnato per ben diciassette anni nel tuo ministero non è affatto semplice; maggiormente se questa persona è il tuo vescovo e mi riferisco al nostro caro padre e pastore Giovan Battista Pichierri, con cui si sono instaurati legami forti che vanno oltre la relazione convenzionale.
Per quanto concerne i dati penso che i media si sono sbizarriti a darne a quantità industriali; possiamo farne a meno! Mi limiterò a tracciare alcuni aspetti della sua personalità che non sono mai apparsi lampanti agli occhi della comunità.

Il primo riguarda la sua attenzione e capacità di lettura delle situazioni; per molti forse era una persona che non faceva attenzione al particolare; invece per noi sacerdoti aveva un cuore di padre capace di leggere le situazioni che gli venivano sottoposte con grande intelligenza e soprattutto con senso paterno senza mai uscire fuori dalle righe e cercando per quanto è possibile di salvaguardare tutti. In questo emergeva un senso di responsabilità paterna unico, sempre con molta attenzione e molta cura nelle relazioni, facendo emergere quello che di bello ognuno ha!
Questa sua attenzione e capacità di lettura delle situazioni permetteva, a lungo andare, di tirare fuori da ognuno i "talenti" che si possedevano al servizio delle realtà a cui si era chiamati a servire; questo è più semplice dirlo con le parole di Amoris Letitia suo riferimento nell'ultimo periodo, quando afferma:

"Amare significa anche rendersi amabili, e qui trova senso l'espressione aschemonei. Vuole indicare che l'amore non opera in maniera rude, non agisce in modo scortese, non è duro nel tratto. I suoi modi, le sue parole, i suoi gesti, sono gradevoli e non aspri o rigidi. Detesta far soffrire gli altri. La cortesia «è una scuola di sensibilità e disinteresse» che esige dalla persona che «coltivi la sua mente e i suoi sensi, che impari ad ascoltare, a parlare e in certi momenti a tacere». Essere amabile non è uno stile che un cristiano possa scegliere o rifiutare: è parte delle esigenze irrinunciabili dell'amore, perciò «ogni essere umano è tenuto ad essere affabile con quelli che lo circondano». Ogni giorno, «entrare nella vita dell'altro, anche quando fa parte della nostra vita, chiede la delicatezza di un atteggiamento non invasivo, che rinnova la fiducia e il rispetto. (...)E l'amore, quanto più è intimo e profondo, tanto più esige il rispetto della libertà e la capacità di attendere che l'altro apra la porta del suo cuore». (AL 99)

Altro aspetto importante nella vita del nostro Pastore è stata l'attenzione verso i bisognosi. Tante volte ho giudicato in maniera frettolosa, ma mi sono reso conto che il grido degli ultimi non restava sordo ai suoi orecchi. Di fronte a chi chiedeva egli era sempre disponibile; non posso non ricordare il grido di Anna che era disperata e che meravigliata ha detto che il vescovo le aveva dato una certa somma per andare incontro alle sue esigenze! Oppure di Giovanni che aveva bisogno di trovare un luogo ospedaliero per il suo piccolo figliolo e ha esclamato di aver trovato un vescovo santo disponibile al suo grido d'aiuto. Tanti sarebbero gli episodi da raccontare, ma non penso questo sia il luogo per farlo. La cosa importante è cercare di far passare attraverso il racconto l'idea di un Pastore che è attento al grido del suo gregge e che lasia le novantanove percore nell'ovile per andare in cerca di quella perduta.
Grazie padre e Pastore Giovan Battista!

Don Peppino Lobascio
Vicario Episcopale