Gaetano, il medico coratino che opera come volontario Usca a Milano

Da martedì il nostro concittadino è una delle guardie mediche Covid a domicilio

giovedì 2 aprile 2020 13.32
Si chiama Gaetano, ha 30 anni ed è un medico coratino di istanza a Milano in un periodo emergenziale in cui la Lombardia resta la regione più colpita dai drammatici risvolti della diffusione del contagio da Coronavirus.

L'ultimo bollettino del 1 aprile della regione parla chiaro: sono 44.773 i positivi in Lombardia, 7.593 le vittime, 11.927 persone ricoverate, 1.342 in terapia intensiva, 23.911 i dimessi o in isolamento domiciliare, ma ci sono migliaia di persone che non sono mai passate da una struttura sanitaria.

Dal 31 marzo è stato attivato a Milano il servizio Usca: unità speciali di continuità assistenziale, cioè guardie mediche Covid, che si recano in visita a casa di malati conclamati o sospetti.

Le Usca hanno due basi operative, una in via Farini e una all'ospedale San Carlo di Milano, fra i medici in continuità assistenziale c'è anche il nostro concittadino Gaetano Lops che ha aderito volontariamente alla proposta di far parte delle Usca e ha raccontato la sua attività in una intervista rilasciata al Corriere.it.

Le guardie mediche Covid operano sotto il coordinamento dei medici di base, prestando servizio assistenziale a domicilio che fino a martedì è stato carente, se non inesistente, attivato a più di un mese dall'esplosione dell'epidemia per cercare di intercettare e curare le persone contagiate dal Covid-19, salvandole e allentando la pressione sugli ospedali.

Il servizio medico di Gaetano fonda la sua preparazione semplicemente sul protocollo descritto dall'Ats e un video realizzato dallo Spallanzani di Roma. «Certo, noi che andiamo casa per casa non sempre possiamo seguire le regole rigide di un ospedale» - ha dichiarato nell'intervista. Da oggi è stata attivata la piattaforma per le segnalazioni. «A regime dovrei riuscire a fare una decina di visite al giorno».

Parte in taxi dal San Carlo per recarsi a far visita ai pazienti munito di strumenti disinfettati con cura e che riporta in ospedale per la disinfezione dopo ogni controllo. Prima di entrare in casa, indossa i suoi dispositivi di protezione usa e getta: occhiali protettivi, secondo paio di guanti usa e getta, sovrascarpe, camice. «Non esiste una zona filtro - spiega - Mi cambio sul ballatoio».

Con i suoi pazienti istaura anche un dialogo, un rapporto umano, per far capire loro di non essere lasciati soli, anche se costretti a vivere la quarantena in casa e non sotto osservazione in una struttura ospedaliera, anche se non sono mai stati sottoposti ad alcun test. «Nemmeno noi al momento facciamo tamponi» - dice il medico che, a fine visita, ribadisce ai pazienti «Se cambia qualcosa fateci sapere».

Uscito da ogni appartamento, sempre sul ballatoio, si sveste delle protezioni. Camice e guanti sporchi finiscono in un sacco, mentre gli strumenti vengono infilati in una seconda busta e riportati alla base per la disinfezione. «In teoria ci dovrebbe essere un collega a controllare che non faccia errori nel togliere le protezioni, ma così potremmo fare solo la metà delle visite». La sua è una corsa contro il tempo e quando gli viene chiesto se ha paura risponde «Direi che è meglio lavorare in queste unità, abbiamo più protezioni. Pure la mia famiglia è più tranquilla. Mamma mi ha detto: "Vai e porta a quelle persone un sorriso: anche se hai la mascherina, lo vedono dagli occhi"».