Protesta ristoratori - Barletta
Protesta ristoratori - Barletta
Attualità

Agriturismi e ristoranti in ginocchio, l'urlo di protesta della categoria

Coldiretti: «Perdiamo 170 milioni al mese». De Benedittis: «La riapertura è solo una illusione»

Nelle vicine Andria e Barletta, diventate zona arancione alla vigilia dell'Immacolata con l'ordinanza emessa dal presidente della Regione appena 12 ore prima della giornata di festa, i ristoratori sono scesi in piazza manifestando il loro malcontento. L'immagine di apertura documenta proprio la prima discesa in piazza, a Barletta, dei rappresentanti della categoria.

Una categoria che sta soffrendo il peso delle chiusure e che ha dovuto fare i conti con la beffa del danno derivante dall'approvvigionamento fatto in occasione della festa e divenuto inservibile a causa dell'ordinanza del presidente della Regione che ha di fatto chiuso le loro attività.

I comuni interessati dall'ordinanza sono Andria, Barletta, Spinazzola e Bisceglie nella BAT; Altamura e Gravina nella provincia di Bari e i comuni del foggiano. Zone in cui insiste un gran numero di agriturismi che, dopo la breve ripresa estiva, hanno dovuto chiudere i battenti per far fronte all'emergenza sanitaria. Dalla Regione assicurano ristori ma ormai il comparto (e l'indotto) boccheggia.

COLDIRETTI: «Ogni mese si perde un fatturato da 170 milioni»

Secondo Coldiretti Puglia, a risentire dell'ordinanza sono oltre 9mila tra bar, ristoranti, e pizzerie e quasi 200 gli agriturismi chiusi in provincia di Foggia, BAT e nei 2 comuni di Altamura e Gravina, rientrate con una ordinanza regionale in zona arancione, con una perdita di fatturato mensile di quasi 170 milioni di euro ed un drammatico effetto a valanga sull'intera filiera per il mancato acquisto di alimenti e vino. La sola consegna a domicilio e la ristorazione con asporto consentita sino alle 22 non limita i danni, con effetti che si fanno sentire a cascata su tutta la filiera agroalimentare. L'associazione di categoria parla di «disdette di ordini per le forniture di molti prodotti agroalimentari, dal vino all'olio, dalla carne al pesce, dalla frutta alla verdura ma anche su salumi e formaggi di alta qualità che trovano nel consumo fuori casa un importante mercato di sbocco».
"In alcuni settori come quello ittico e vitivinicolo la ristorazione e l'agriturismo rappresentano addirittura il principale canale di commercializzazione per fatturato. Le limitazioni alle attività di impresa devono dunque prevedere un adeguato e immediato sostegno economico lungo tutta la filiera per salvare l'economia e l'occupazione in un settore chiave del Made in Italy", afferma Savino Muraglia, presidente di Coldiretti Puglia.

E, in vista del Natale, Santo Stefano e Capodanno, giornate che avrebbero rappresentato una importante fonte di guadagno per il mondo della ristorazione, gli effetti della chiusura si sentiranno ancora di più. Una situazione che «colpisce duramente le 876 strutture agrituristiche regionali, principalmente situate in piccoli centri rurali con una clientela proveniente dalle grandi città e dai paesi limitrofi, con la necessità di adeguare le misure dell'ultimo DPCM per le feste di fine anno, al fine di evitare di favorire gli assembramenti in città con lo stop agli spostamenti nelle campagne».

«La possibilità per le strutture della ristorazione di rimanere aperti a pranzo durante le festività a pranzo – denuncia Filippo De Miccolis, presidente di Terranostra Puglia, associazione agrituristica di Coldiretti - è vanificata dai limiti agli spostamenti tra comuni che impedisce agli ospiti di raggiungere le campagne, riducendo peraltro la pressione e gli assembramenti nelle città. Un vero paradosso se si considera che gli agriturismi spesso situati in zone isolate in strutture familiari con un numero contenuto di posti letto e a tavola e con ampi spazi all'aperto, che sono forse i luoghi più sicuri perché è più facile garantire il rispetto delle misure di sicurezza per difendersi dal contagio fuori dalle mura domestiche. Si tratta dunque di una misura illogica ed insostenibile che colpisce anche gli agriturismi pugliesi che per la crisi generata dalla pandemia hanno giù perso oltre 150 milioni di euro", insiste il presidente De Miccolis.

«I limiti imposti per le festività di fine anno – precisa la Coldiretti – arrivano dopo che il primo lockdown ha azzerato le visite in campagna nei tradizionali weekend di primavera e di Pasqua mentre durante l'estate ha pesato l'assenza praticamente totale degli stranieri che in Puglia rappresenta la maggioranza degli ospiti degli agriturismi».

«Servono dunque ristori immediati e un piano nazionale – conclude Coldiretti Puglia - che metta in campo tutte le azioni necessarie per non far chiudere per sempre attività come gli agriturismi che rappresentano un modello di turismo sostenibile grazie ai primati nazionali sul piano ambientale ed enogastronomico».

De Benedittis (Agriturist): «La riapertura con limite è soltanto una illusione»

Disillusa l'analisi di Michelangelo De Benedittis, presidente provinciale dell'associazione Agriturist, aderente a Confagricoltura, che definisce «una pura illusione la riapertura della ristorazione nelle zone gialle ma con il limite, nei giorni di massima festività e che gli ospiti devono essere residenti nello stesso comune».
De Benedittis, tuttavia, fa notare che «questa concessione, sicuramente motivata da valutazioni che gli organi governativi hanno operato, crea una forte disparità tra gli operatori della ristorazione distinguendo tra quelli che operano in una grande città e quindi hanno un bacino di utenza molto più estesa e chi invece opera in piccoli comuni».
«Pur offrendo ottima ristorazione - continua il presidente di Agriturist - vede limitata la possibilità di farla fruire a soggetti al di fuori del territorio comunale nella consapevolezza e certezza che la maggior parte degli abituali ospiti sono proprio soggetti residenti al di fuori del proprio comune. Questa distinzione pregiudica sia i ristoranti di natura commerciale che sono allocati in piccoli comuni ma ancor di più tutti gli agriturismi che, proprio per la loro natura di essere allocati nelle zone interne del territorio comunale magari ai confini con più ambiti comunali, hanno di per sé una gamma di utenza molto più estesa del territorio locale».
Lo scenario paventato da Michelangelo De Benedittis è quello di una categoria, quella dei ristoratori dei comuni piccoli o degli operatori di agriturismo, che deciderà di non aprire le attività nel periodo natalizio «con una permanenza di grave danno anche nel periodo di ordinario maggior flusso».
Inevitabile una riflessione sugli indennizzi: «L'illusione creata dal Governo vuol servire soltanto ad evitare le giuste richieste di indennizzo di chi a causa di questa distinzione subirà il maggio danno? Si dirà: vi abbiamo dato la possibilità di riaprire, non avete colto l'occasione, quindi non vi spetta alcunchè ... Si chiede quindi agli organi di governo di tutelare chi è stato cosiì fortemente ed ingiustamente danneggiato ipotizzando un ristoro speciale comprovato dalla assenza di incassi nel periodo natalizio» riflette il presidente di Agriturist .
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