Pazza Abbazia. <span>Foto Vittorio Quinto</span>
Pazza Abbazia. Foto Vittorio Quinto
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Con Verso Sud, Piazza Abbazia diventa "Pazza"

Eleonora Steingress ci racconta come la Piazza sia stata "invasa" dalle biglie

C'era una volta una piazza. Piazza Abbazia era il suo nome.


Piazza Abbazia era stata per lungo tempo ignorata dal mondo che la circondava, abbandonata all'incuria, trasformandosi in un grigio spazio trasandato.


Dopo anni di sofferenza, il suo potenziale fu scorto da occhi lungimiranti. Questi occhi la trasformarono in un luogo luminoso, arioso, incontaminato da suoni radiofonici e motori scoppiettanti. Iniziarono a comparire foglie, fiori, api, farfalle, palloni da calcio, tazze di caffè alla controra, in un connubio di colori sgargianti e limpide risate.


Certo, ogni piccola realtà, crescendo e costruendosi un'identità, può incontrare difficoltà e venir indirizzata verso abitudini un po' meno luminose… L'adolescenza di Piazza Abbazia fu a tratti difficile.


Raggiunta l'età matura, la Piazza cercava tra i suoi passanti una mano delicata e decisa che l'aiutasse a esprimere tutto ciò che di bello poteva offrire.


Un bel dì, una piccola famiglia di folli esseri umani che condividevano un'idea, l'idea che "Lavorare Stanca", incontrò questa Piazza. Insieme decisero che, in un viaggio "Verso Sud", la Piazza avrebbe potuto accogliere piccole grandi cose. Si instaurò un rapporto sinergico, dove i folli esseri umani aiutavano la Piazza a risplendere e dove la Piazza accoglieva e abbracciava tante vite.


Molte furono le vicende che accaddero come conseguenza di questa collaborazione.
Un giorno, però, la Piazza confidò ai suoi ormai fidati amici un grande dolore che portava dentro al cuore da tempo: non aveva mai vissuto una vera e propria infanzia. Non aveva avuto modo di vivere uno dei momenti fondamentali di ciò che viene chiamato Vita e serbava una malinconica nostalgia per quelle emozioni che poteva solo immaginare, dal momento che non aveva potuto farne esperienza.


I folli esseri umani, ormai affezionati alla Piazza, decisero di farle un grande regalo: chiamarono da un luogo lontano-ma-non-troppo un Mastro di Fantasia, un omino il cui nome assomigliava al niente e che qualcuno chiamava Omozero, perché potesse aiutare la Piazza a coronare il suo sogno più profondo.


L'8 giugno il Mastro arrivò a Corato, città natia di Piazza Abbazia, e il loro primo incontro fu subito caratterizzato da mutuali curiosità e comprensione. Egli ricevette aiuto da due Folletti Aiutanti. Immediatamente si misero all'opera per esplorare l'Essere Bambini e il Mastro iniziò a vestirla di Spirito di Gioco. Con il rispetto delle sue forme, pendenze e spigoli, l'omino le costruì, nei dieci giorni seguenti, un grande abito di Pista di Biglie.


Il Mastrozero e la Piazza si aiutavano a vicenda, l'uno vestendola e l'altra dandogli il supporto necessario e, di tanto in tanto, qualche passante dall'anima dolce offriva aiuto spontaneamente, probabilmente comprendendo, per esperienza o empatia, le necessità fino ad allora segrete della Piazza.


In quei dieci giorni, tante avventure accaddero ai nostri eroi: iniziarono a comparire delle coloratissime palline, che pian piano percorrevano l'abito-Pista mentre ancora veniva imbastito e cucito su misura. La Piazza cominciava a trovare degli amici Bambini, Grandi e Piccini, giocando con loro per pochi minuti o lunghissimi giorni.


L'omino e i suoi Folletti osservavano ammaliati come la Piazza stesse scoprendo le gioie nascoste della sua tanto agognata infanzia; alle volte si improvvisavano traduttori dall'umanese al piazzese e viceversa.


Tanti Bambini Piccini si svelavano molto Grandi e soprattutto tanti Bambini Grandi tornavano Piccini, in un gioco dove ci si spogliava delle proprie fattezze e si diventava un tutt'uno con Lei. Non vi erano più differenze tra coloro che sedevano, giocavano e correvano attorno a Lei. Erano solo loro e le loro palline, tutt'insieme.


Alcuni Grandi Grandi, che sotto sotto erano Piccini, trovarono il tempo di recapitare al Mastro e i suoi Folletti alcuni materiali per l'abito, rigorosamente cucito con tutto ciò che altrimenti sarebbe finito in discarica.


Alcuni Bambini Piccini vollero perfino insegnare alla Piazza a colorare come si fa sugli album coi disegni: apparvero sprazzi di rosso, giallo e blu, primariamente sulla grande torre di vedetta.


Allo scoccar del decimo giorno, l'abito fu finalmente pronto. Appena il sole non fu più focoso e cocente, la Piazza radunò per un'ufficiale ultima volta il suo piccolo esercito d'Infanzia e si diede alla Pazza gioia, rotolandosi con le sue palline, mentre i suoi Folletti si assicuravano che nessuno si sbucciasse un ginocchio, così come avevano fatto nei giorni precedenti. Dopotutto, anche il rischio e la protezione fanno parte di quel periodo.


Il Mastro di fantasia, inizialmente, voleva costruirle un abito che le facesse assaggiare quel pezzo di Vita, per poi portarlo via così com'era arrivato. Osservandola giocare con i suoi nuovi amici, però, comprese che la Piazza era finalmente felice. Decise, quindi, di lasciar la bimba Piazza gioire del suo abito, fino a che non si fosse sgualcito da sé con i suoi naturali tempi, permettendole di farne esperienza liberamente.


Così quell'omino, quell'omozero, richiuse la sua valigia delle Fantasie, salutò tutti con un enorme abbraccio, diede un'ultima carezza alla sua Piazza sorridente e grata, per poi volar via verso nuovi abiti da costruire.


Da quel giorno, la Piazza ha continuato a giocare coi suoi amici, a farsene di nuovi, a colorare album sul suo abito con mani esperte d'immaginazione, a riunire e far sorridere. Il suo abito imbastito, a poco a poco, si sgualcirà… ma, ormai, la nostra grande amica avrà l'anima bambina, anche quando si spoglierà per dar spazio a nuove forme, nuovi colori, nuovi suoni.


Queste sono le vivaci vicende che portarono Piazza Abbazia a diventare Pazza Piazza.

Eleonora Steingress
  • Piazza Abbazia
  • Verso Sud
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