Cultura
Gianni Rodari a 100 anni dalla nascita: Raffaella Leone lo ricorda con un racconto
L'omaggio allo scrittore che ha dedicato il suo lavoro ai bambini
Corato - venerdì 23 ottobre 2020
12.11
Oggi ricorre il centenario dalla nascita di Gianni Rodari, lo scrittore e giornalista che ha dedicato gran parte della sua attività ai bambini. La sua figura ha lasciato una traccia indelebile, al punto da essere importante riferimento per pedagogisti, insegnanti e quanti vivono quotidianamente il mondo dell'infanzia. Tra essi vi è Raffaella Leone, anima sensibile della cultura coratina, che ha voluto omaggiare il ricordo di Gianni Rodari con un racconto che di seguito pubblichiamo
QUANDO SAREMO FELICI
di Raffaella Leone
- Apri gli occhi. Svegliati, tesoro! - dice nonna Camilla ad Andrea che si raggomitola a palla tra le lenzuola.
- Andiamo è proprio ora di alzarsi - gli ripete amorevolmente.
- Mi alzo, se viene Titta a leccarmi la faccia! - risponde imbronciato Andrea.
- Ma, tesoro mio, - ripete nonna Camilla con dolcezza - lo sai che Titta è andato a correre felice nel paradiso dei cani! Era diventato un cane vecchietto e non poteva stare più qui, dove non poteva più correre! - gli spiega.
- Allora non mi alzo! - insiste Andrea con voce lamentosa.
- Dai, non fare così! Devi andare a scuola - ribadisce con pazienza sua nonna.
- Mi alzo, se viene papà a prendermi a cavalluccio sulle sue spalle! - rivendica Andrea.
- Dai, piccolino mio, lo sai che papà è in America e che tornerà per Natale - gli risponde la preoccupata signora con la sua tenace dolcezza.
- Allora io non mi alzo! - piagnucola il suo nipotino indispettito.
- Gli altri bambini il papà non ce l'hanno in America. Non doveva accettare di andare così lontano da me!
- Su, Andrea, alzati è davvero tardi - ripete nonna Camilla, ancora una volta - Se non ti alzi dovrai andare a scuola, senza lavarti e poi puzzerai come una capretta!
- Io mi alzo, se mamma mi dà il bacio del buon risveglio - continua minaccioso il bimbo capriccioso.
- Andrea, non fare così!
Lo sai che mamma ogni mattina esce di casa alle cinque per andare a lavorare - prova a fargli capire nonna Camilla, stanca.
- Gli altri bambini hanno le mamme che vanno a lavorare dopo i baci, dopo la colazione, dopo le coccole, il grembiule, la merenda e le raccomandazioni al cancello di scuola! Io non ho nessuno! - grida Andrea in un sol fiato.
Nonna Camilla diventa triste.
Si siede sul letto sfinita.
E non dice più neanche una parola.
Andrea, allora, la sbircia da una fessura tra le lenzuola.
È preoccupato.
Nonna Camilla non fa mai così.
Forse sarà rimasta male.
La guarda di nuovo.
Ma lei si alza ed esce dalla stanza.
Andrea, allora, salta giù dal letto e la rincorre.
- Nonna, scusami! - le dice, abbracciandole le gambe - Non volevo dire quello che ho detto. Perdono, perdonami, perdonissimo! - la supplica Andrea - Sono arrabbiato! Mi manca tanto Titta e voglio mamma e papà, ma voglio anche te, però! - le dice rammaricato - Nonno Carlo è già in macchina che mi aspetta per accompagnarmi a scuola? - chiede, allora, Andrea con tono calmo e interrogativo.
- Sì certo! - riprende a parlare nonna Camilla con voce calma, ma ancora tristissima.
- Dai nonna non fare così- la rincuora Andrea, - mi lavo e mi vesto come un fulmine.
Ti prometto che non mi arrabbio più e quando saremo felici ti darò tanti baci - le dice il piccolo, correndo in bagno.
Andrea si prepara in un lampo; saluta nonna Camilla che gli sistema il grembiule e i capelli; gli dà la merenda e un bacio sulla guancia e poi sulla porta gli dice: - Mi raccomando, comportati bene a scuola! Sii educato e rispetta le maestre e tuoi compagni. Quando torni ti faccio trovare la pasta con le polpette!
Andrea corre giù per le scale e il nuovo giorno può iniziare.
Nonno Carlo, durante il tragitto, gli racconta di quando era piccolo e di come a scuola si andasse a piedi, e di come fosse diverso il suo maestro, tutto impettito, dalle affettuose e simpatiche insegnanti di oggi.
Andrea guarda dal finestrino e vede i suoi nonni bambini giocare per strada, spensierati. Sua nonna ha le treccine e un grande fiocco bianco sul grembiule nero. Suo nonno ha pantaloni corti e i calzettoni tirati su fino ai polpacci. Giocano e le case sono basse e le strade sono bianche e senza macchine.
Nonno Carlo, intanto, al volante con i suoi baffi bianchi colorati dal latte, ogni tanto lo guarda e Andrea ad un tratto gli dice: - Nonno da grande voglio essere come te! Accompagnerò il mio nipotino e gli racconterò di quando a scuola mi accompagnavi tu con la tua automobile blu a benzina che non volava, ma profumava di pane appena sfornato.
Nonno Carlo sorride e prende un pezzo di pane caldo dal sacchetto di carta.
- Mangialo ora, che è caldo - infatti gli dice.
"È squisito!", pensa Andrea.
- Grazie, nonno! - risponde con il boccone ancora in bocca.
L'aria profuma di sguardi felici e la malinconia è svanita in un puff che sa di magia.
Felici è una parola breve, dura poco e non fai in tempo ad afferrarla, ma è come le onde del mare: sembra andarsene, ma poi ritorna.
In un puff come per magia.
QUANDO SAREMO FELICI
di Raffaella Leone
- Apri gli occhi. Svegliati, tesoro! - dice nonna Camilla ad Andrea che si raggomitola a palla tra le lenzuola.
- Andiamo è proprio ora di alzarsi - gli ripete amorevolmente.
- Mi alzo, se viene Titta a leccarmi la faccia! - risponde imbronciato Andrea.
- Ma, tesoro mio, - ripete nonna Camilla con dolcezza - lo sai che Titta è andato a correre felice nel paradiso dei cani! Era diventato un cane vecchietto e non poteva stare più qui, dove non poteva più correre! - gli spiega.
- Allora non mi alzo! - insiste Andrea con voce lamentosa.
- Dai, non fare così! Devi andare a scuola - ribadisce con pazienza sua nonna.
- Mi alzo, se viene papà a prendermi a cavalluccio sulle sue spalle! - rivendica Andrea.
- Dai, piccolino mio, lo sai che papà è in America e che tornerà per Natale - gli risponde la preoccupata signora con la sua tenace dolcezza.
- Allora io non mi alzo! - piagnucola il suo nipotino indispettito.
- Gli altri bambini il papà non ce l'hanno in America. Non doveva accettare di andare così lontano da me!
- Su, Andrea, alzati è davvero tardi - ripete nonna Camilla, ancora una volta - Se non ti alzi dovrai andare a scuola, senza lavarti e poi puzzerai come una capretta!
- Io mi alzo, se mamma mi dà il bacio del buon risveglio - continua minaccioso il bimbo capriccioso.
- Andrea, non fare così!
Lo sai che mamma ogni mattina esce di casa alle cinque per andare a lavorare - prova a fargli capire nonna Camilla, stanca.
- Gli altri bambini hanno le mamme che vanno a lavorare dopo i baci, dopo la colazione, dopo le coccole, il grembiule, la merenda e le raccomandazioni al cancello di scuola! Io non ho nessuno! - grida Andrea in un sol fiato.
Nonna Camilla diventa triste.
Si siede sul letto sfinita.
E non dice più neanche una parola.
Andrea, allora, la sbircia da una fessura tra le lenzuola.
È preoccupato.
Nonna Camilla non fa mai così.
Forse sarà rimasta male.
La guarda di nuovo.
Ma lei si alza ed esce dalla stanza.
Andrea, allora, salta giù dal letto e la rincorre.
- Nonna, scusami! - le dice, abbracciandole le gambe - Non volevo dire quello che ho detto. Perdono, perdonami, perdonissimo! - la supplica Andrea - Sono arrabbiato! Mi manca tanto Titta e voglio mamma e papà, ma voglio anche te, però! - le dice rammaricato - Nonno Carlo è già in macchina che mi aspetta per accompagnarmi a scuola? - chiede, allora, Andrea con tono calmo e interrogativo.
- Sì certo! - riprende a parlare nonna Camilla con voce calma, ma ancora tristissima.
- Dai nonna non fare così- la rincuora Andrea, - mi lavo e mi vesto come un fulmine.
Ti prometto che non mi arrabbio più e quando saremo felici ti darò tanti baci - le dice il piccolo, correndo in bagno.
Andrea si prepara in un lampo; saluta nonna Camilla che gli sistema il grembiule e i capelli; gli dà la merenda e un bacio sulla guancia e poi sulla porta gli dice: - Mi raccomando, comportati bene a scuola! Sii educato e rispetta le maestre e tuoi compagni. Quando torni ti faccio trovare la pasta con le polpette!
Andrea corre giù per le scale e il nuovo giorno può iniziare.
Nonno Carlo, durante il tragitto, gli racconta di quando era piccolo e di come a scuola si andasse a piedi, e di come fosse diverso il suo maestro, tutto impettito, dalle affettuose e simpatiche insegnanti di oggi.
Andrea guarda dal finestrino e vede i suoi nonni bambini giocare per strada, spensierati. Sua nonna ha le treccine e un grande fiocco bianco sul grembiule nero. Suo nonno ha pantaloni corti e i calzettoni tirati su fino ai polpacci. Giocano e le case sono basse e le strade sono bianche e senza macchine.
Nonno Carlo, intanto, al volante con i suoi baffi bianchi colorati dal latte, ogni tanto lo guarda e Andrea ad un tratto gli dice: - Nonno da grande voglio essere come te! Accompagnerò il mio nipotino e gli racconterò di quando a scuola mi accompagnavi tu con la tua automobile blu a benzina che non volava, ma profumava di pane appena sfornato.
Nonno Carlo sorride e prende un pezzo di pane caldo dal sacchetto di carta.
- Mangialo ora, che è caldo - infatti gli dice.
"È squisito!", pensa Andrea.
- Grazie, nonno! - risponde con il boccone ancora in bocca.
L'aria profuma di sguardi felici e la malinconia è svanita in un puff che sa di magia.
Felici è una parola breve, dura poco e non fai in tempo ad afferrarla, ma è come le onde del mare: sembra andarsene, ma poi ritorna.
In un puff come per magia.