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Cronaca

Armi e droga, maxi blitz dei Carabinieri. Coinvolte due donne di Corato

Ieri l'operazione. Ci sarebbero collegamenti con dei gruppi criminali di Trinitapoli

Ci sono anche due donne di Corato tra le persone attinte da misure cautelari nell'ambito dell'operazione "Knockout" portata a termine dai Carabinieri di Trani, Siderno e Foggia su indicazione della Procura di Bari.

In tutto sono sette le persone accusate a vario titolo di spaccio di droga e detenzione di armi. Quattro di loro sono finiti in carcere, tra cui una donna di Corato di 39 anni, e tre ai domiciliari e tra loro c'è un'altra donna di Corato di 23 anni.

All'operazione hanno collaborato una cinquantina di militari, con l'ausilio di elicotteri e unità cinofile.

Le indagini sono partite due anni fa, partendo da un'altra operazione che portò al sequestro di armi e sostanze stupefacenti a Trani.

Secondo quanto ricostruito dalle indagini dei Carabinieri, gli indagati sfruttavano l'abitazione di R.G., incensurato e padre di R.S., per detenere grossi quantitativi di droga e armi anche da guerra.

La stura per le indagini è stata data dall'operazione condotta dalla Stazione Carabinieri di Trani del 13 aprile 2019 allorquando arrestarono i due perché trovati in possesso di circa 4 kg tra hashish e marijuana nonché un giubbotto antiproiettile, un revolver ed una mitraglietta considerata arma da guerra con il relativo munizionamento. Le indagini condotte dallo stesso reparto sotto la direzione della Procura Distrettuale di Bari, hanno consentito di acclarare che le abitazioni dei due erano un vero e proprio "deposito" di droga da cui la trentanovenne coratina la prelevava mettendola a disposizione per il successivo smercio da parte di P. A., S.E. e S. L.

Le captazioni in carcere hanno consentito di accertare che non era la prima volta che tutti gli indagati sfruttavano l'abitazione di R.G. come "base logistica" per la detenzione di droga e armi e, anzi, per celare queste ultime utilizzavano anche un fasciatoio sotto il quale era occultata una pistola prelevata dalla ventitreenne consegnandola a S.E.

L'attività investigativa ha consentito di accertare un forte legame di "mutuo soccorso" fra tutti gli indagati. Infatti si è potuto accertare che alle spese legali seguite all'arresto di padre e figlio avrebbe provveduto il S.L. congiuntamente ad altre persone. Ciò a riprova proprio dell'aiuto reciproco che gli indagati prestavano tra loro. Il sostegno reciproco inoltre non era solo "limitato" al pagamento delle spese processuali. Gli indagati si preoccupavano anche di fornire un sostegno alle famiglie dei ristretti in carcere e dalle intercettazioni emerge rammarico per la mancanza di questo genere di supporto in questa circostanza.

L'operazione è in parte da mettere in relazione con l'operazione NEMESI condotta dai Carabinieri di Foggia in cui, il 7 giugno 2019, rimasero coinvolti due degli indagati venendo attinti da misura cautelare in carcere. Questi due, infatti, insieme sono stati considerati un gruppo di fuoco a disposizione del clan Carbone-Gallone. I due avrebbero dovuto compiere un'azione di fuoco nel comune di San Ferdinando di Puglia nei confronti del clan avverso Valerio-Visaggio. Propositi omicidiari, dunque, fermati solo grazie alle indagini dei Carabinieri operanti anche nei comuni di Trani e Bisceglie. Proprio in quest'ultimo comune infatti nel maggio del 2019 uno di loro veniva arrestato per la violazione sulla normativa alla sorveglianza speciale cui era sottoposto. In quella circostanza questi era accompagnato da S.E. ed avevano appena incontrato il principale esponente del clan Carbone-Gallone, Giuseppe Gallone.

Nei primi mesi del 2019 erano forti le fibrillazioni fra i gruppi criminali organizzati che operano tra il sud Foggiano e il nord della provincia Barletta-Andria-Trani. L'impeccabile direzione dell'Autorità Giudiziaria della Procura Distrettuale Antimafia di Bari però, supportata da un diuturno, intensissimo e proficuo coordinamento "real time" di molti reparti dei Carabinieri attraverso il quale è stato possibile realizzare una massiccia, penetrante e qualificata manovra info-investigativa, ha consentito di contenere le azioni di fuoco dei clan che si combattevano.

Infatti con il rito abbreviato i due sono già stati condannati in primo grado a 3 anni e 4 mesi di reclusione più la multa di 10 mila euro per i reati contestati loro con l'aggravante prevista dall'art. 416bis 1 (cosiddetto" metodo mafioso")
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