Liberazione foto storica n
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Vita di Città

Giovanni Capurso sulla Liberazione: ottant'anni di memoria da ravvivare

Dal primo raduno post-liberazione nel 1945 ai cortei dell'ANPI: un percorso di consapevolezza e la sfida di mantenere vive le idealità di libertà e democrazia

Una riflessione a cura di Giovanni Capurso, che per riferimento politico ama definirsi di «socialismo umanitario e personalismo cristiano», indaga lo spaccato storico del 1945, anno della tanto agognata "Liberazione" da parte di un popolo italiano allo stremo. Scrittore e saggista, è appassionato di storia politica e meridionalismo. I suoi contributi sono preziosi per approfondire il nostro passato e ciò che ne è scaturito.

Di seguito la sua nota completa.

«Una giornata calda e afosa in piena estate del 1945. Un anziano professore socialista dai capelli brizzolati di nome Antonio Lucarelli, attorniato da esponenti politici locali, punta l'indice verso l'alto sotto un grosso ombrello quasi a indicare un'epoca nuova, un futuro di libertà civili e politiche. A ridosso di piazza Plebiscito, sotto la statua monumentale di Matteo Renato Imbriani, la folla assiepata festeggia la Liberazione.

Si tratta del primo raduno di massa del popolo coratino dopo l'occupazione nazifascista. Lo testimoniano delle foto d'epoca, ben conservate e custodite nell'Archivio della Biblioteca della Città Metropolitana "De Gemmis" di Bari, inviate allo stesso professore come ricordo dell'evento. L'iniziativa fu promossa congiuntamente dalle associazioni combattentistiche locali.

Su proposta del Presidente del Consiglio, Alcide De Gasperi, Umberto II di Savoia, luogotenente del Regno d'Italia, il 22 aprile 1946 emanò un decreto legislativo luogotenenziale, che nel primo articolo stabiliva la festività del 25 aprile per quell'anno.

Altre foto d'epoca, provenienti dall'archivio privato della famiglia Petrizzelli, documentano che, a partire dagli anni Cinquanta, la sezione cittadina dell'ANPI, all'epoca intitolata al partigiano "Nicola Bucci", si fece promotrice di cortei cittadini in occasione del 25 aprile.

Il bilancio della guerra e di vent'anni di regime idiota e bestiale, anche per la nostra città, fu molto duro. Ne pagarono le conseguenze i soldati mandati al macello per soddisfare l'ego di un dittatore, le centinaia di uomini e donne emigrati, spesso con le proprie famiglie, per ragioni politiche (a Grenoble e non solo), le decine di confinati (ben tre a Ventotene: Luigi Azzariti, Francesco Ferrara e Michele Piombino) e i tanti partigiani meridionali che rischiarono la propria vita o la persero nel Centro e nel Nord Italia (Nicola Bucci a Livorno e Felice Loiodice a Biella per citare i più noti). A loro si aggiungano le tante donne coratine, staffette e combattenti, tra cui la giovanissima Maria Diaferia.

Ottant'anni dopo Corato è cambiata non poco, com'è naturale che sia.
Le idealità forse andrebbero ravvivate.»

Giovanni Capurso
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