
Attualità
Prevenzione del suicidio, le riflessioni dell'assessore Addario
L'amministrazione sostiene l'operato dello sportello psicologico di Corato "Primo Passo"
Corato - mercoledì 10 settembre 2025
9.43
Riconosciuta a livello internazionale nel 2003 e promossa dall'Organizzazione Mondiale della Sanità, la Giornata mondiale per la prevenzione del suicidio cade il 10 settembre di ogni anno. La necessità di istituire questo tipo di giornata nasce dall'analisi di alcuni dati spaventosi che sembrano essere una costante allarmante negli ultimi anni: in Italia sono circa 4000 le morti per suicidio all'anno, per una stima di circa 10 persone al giorno. Le vittime sono prevalentemente di sesso maschile e appartenenti all'Italia del Nord.
La situazione è stabile dal 2020: dopo un boom di vittime nel 2008, causato dalla crisi economica, la strage silenziosa continua a colpire una stima di 10 persone al giorno, con un aumento delle richieste d'aiuto per pensieri suicidari, soprattutto tra i più giovani. Il dilemma del suicidio non intacca la popolazione solo da un punto di vista demografico, ma rappresenta uno dei gesti più soggetti a stigmi e giudizi morali negativi: chi tenta il suicidio oltre a essere considerato debole e spesso non in grado di apprezzare ciò che ha, è motivo di vergogna per amici e familiari. Il suicidio è inteso come fallimento personale perché conseguenza di un'assenza di volontà.
Eppure, questa concezione incontra una tragica smentita nelle biografie di alcuni dei più illustri rappresentanti della cultura italiana. Dopo una serie di rifiuti editoriali, lo scrittore novecentesco Guido Morselli decise di togliersi la vita sparandosi un colpo con la sua Browning 7.65. Primo Levi venne trovato morto l'11 aprile 1987 nell'atrio del palazzo di corso Re Umberto 75 a Torino, dove viveva. L'ipotesi maggiormente accreditata è quella del suicidio. Aveva 41 anni Cesare Pavese quando il 27 agosto 1950 decise di mettere fine alla sua vita con più di dieci bustine di barbiturici che utilizzava come sonnifero. Sulla prima pagina dei Dialoghi con Leucò, che si trovava sul tavolino, aveva scritto: «Perdono tutti e a tutti chiedo perdono. Va bene? Non fate troppi pettegolezzi».
Tanti altri sarebbero i nomi da citare e le storie da approfondire al fine di dimostrare che il suicidio, o anche solo il suo pensiero, non è un capriccio, ma frutto di un vissuto che non riesce a trovare altri esiti se non in un gesto così estremo. Non è mancanza di volontà, ma il risultato di condizioni mentali disagianti che troppo spesso prendono il sopravvento.
«Coloro che decidono per il suicidio sono uomini che hanno perduto la loro immagine, che hanno incontrato uno specchio in frantumi, che non possono più riconoscersi in nulla. Sono stati spogliati della loro stessa immagine». Così ha scritto Massimo Recalcati in "Il complesso di Telemaco: Genitori e figli dopo il tramonto del padre". E forse tutti i torti non li aveva. È difficile trovare un senso e una speranza se non si è più in grado di riconoscersi in sé stessi e nelle proprie priorità. Ancora più difficile è accettare sofferenze che sembrano insostenibili. Di qui dovrebbe partire la prevenzione, nella consapevolezza che è possibile offrire un modo di vedere diverso, che è possibile offrire una speranza a chiunque. È necessario sensibilizzare e informare rispetto a tutto ciò che c'è intorno al gesto concreto: prevenire il suicidio significa lavorare sulle condizioni che lo hanno favorito.
«Sono molteplici le cause che spingono una persona verso il suicidio e non sempre prevedibili. Si potrebbe parlare di suicidi quale conseguenza di diagnosi traumatiche, come avviene per i tumori. La depressione è annoverabile tra i motivi principali di questo gesto estremo: persone che percepiscono la loro vita come vuota e inutile non trovano altri esiti se non in questo gesto estremo. Tra i giovani le maggiori cause di suicidio sono il bullismo esasperato, attuato anche attraverso le piattaforme social, o l'uso di sostanze che possono alterare lo stato mentale. Ho lavorato per tanti anni con i giovani e mi rendo sempre più conto che in loro c'è una forte fragilità, dovuta a confusione, preoccupazioni e chiusura. Un discorso a parte meriterebbe tutta la questione del sistema carcerario: il tasso di suicidi è molto alto sia tra i carcerati che tra i carcerieri. È, inoltre, fondamentale distinguere tra due tipi di suicidio: il suicidio deliberato, atto consapevole e volontario, e il suicidio inconscio, in cui l'individuo attua una serie di comportamenti autodistruttivi. In vista di ciò è necessaria un'opera di sensibilizzazione e prevenzione, seppur si tratti di un'azione molto complicata. È necessario partire dal togliere la paura nei confronti delle figure professionali che si muovono in ambito psicologico. È necessario anche che i diversi enti creino servizi al fine di assicurare un benessere psicologico: dalle istituzioni, alle scuole, ai posti di lavoro, ai social». Queste le parole di Antonio Montrone, psicologo e psicanalista dello sportello psicologico "Primo Passo".
Il suicidio continua a essere una delle maggiori cause di morte, soprattutto in Italia. È indispensabile un lavoro di sensibilizzazione, ma soprattutto delle azioni concrete che possano essere accessibili a tutti. La prevenzione è un impegno collettivo e fondamentale per l'intera società.
Di seguito l'intervista a Felice Addario, assessore alle Politiche Sociali.
La situazione è stabile dal 2020: dopo un boom di vittime nel 2008, causato dalla crisi economica, la strage silenziosa continua a colpire una stima di 10 persone al giorno, con un aumento delle richieste d'aiuto per pensieri suicidari, soprattutto tra i più giovani. Il dilemma del suicidio non intacca la popolazione solo da un punto di vista demografico, ma rappresenta uno dei gesti più soggetti a stigmi e giudizi morali negativi: chi tenta il suicidio oltre a essere considerato debole e spesso non in grado di apprezzare ciò che ha, è motivo di vergogna per amici e familiari. Il suicidio è inteso come fallimento personale perché conseguenza di un'assenza di volontà.
Eppure, questa concezione incontra una tragica smentita nelle biografie di alcuni dei più illustri rappresentanti della cultura italiana. Dopo una serie di rifiuti editoriali, lo scrittore novecentesco Guido Morselli decise di togliersi la vita sparandosi un colpo con la sua Browning 7.65. Primo Levi venne trovato morto l'11 aprile 1987 nell'atrio del palazzo di corso Re Umberto 75 a Torino, dove viveva. L'ipotesi maggiormente accreditata è quella del suicidio. Aveva 41 anni Cesare Pavese quando il 27 agosto 1950 decise di mettere fine alla sua vita con più di dieci bustine di barbiturici che utilizzava come sonnifero. Sulla prima pagina dei Dialoghi con Leucò, che si trovava sul tavolino, aveva scritto: «Perdono tutti e a tutti chiedo perdono. Va bene? Non fate troppi pettegolezzi».
Tanti altri sarebbero i nomi da citare e le storie da approfondire al fine di dimostrare che il suicidio, o anche solo il suo pensiero, non è un capriccio, ma frutto di un vissuto che non riesce a trovare altri esiti se non in un gesto così estremo. Non è mancanza di volontà, ma il risultato di condizioni mentali disagianti che troppo spesso prendono il sopravvento.
«Coloro che decidono per il suicidio sono uomini che hanno perduto la loro immagine, che hanno incontrato uno specchio in frantumi, che non possono più riconoscersi in nulla. Sono stati spogliati della loro stessa immagine». Così ha scritto Massimo Recalcati in "Il complesso di Telemaco: Genitori e figli dopo il tramonto del padre". E forse tutti i torti non li aveva. È difficile trovare un senso e una speranza se non si è più in grado di riconoscersi in sé stessi e nelle proprie priorità. Ancora più difficile è accettare sofferenze che sembrano insostenibili. Di qui dovrebbe partire la prevenzione, nella consapevolezza che è possibile offrire un modo di vedere diverso, che è possibile offrire una speranza a chiunque. È necessario sensibilizzare e informare rispetto a tutto ciò che c'è intorno al gesto concreto: prevenire il suicidio significa lavorare sulle condizioni che lo hanno favorito.
«Sono molteplici le cause che spingono una persona verso il suicidio e non sempre prevedibili. Si potrebbe parlare di suicidi quale conseguenza di diagnosi traumatiche, come avviene per i tumori. La depressione è annoverabile tra i motivi principali di questo gesto estremo: persone che percepiscono la loro vita come vuota e inutile non trovano altri esiti se non in questo gesto estremo. Tra i giovani le maggiori cause di suicidio sono il bullismo esasperato, attuato anche attraverso le piattaforme social, o l'uso di sostanze che possono alterare lo stato mentale. Ho lavorato per tanti anni con i giovani e mi rendo sempre più conto che in loro c'è una forte fragilità, dovuta a confusione, preoccupazioni e chiusura. Un discorso a parte meriterebbe tutta la questione del sistema carcerario: il tasso di suicidi è molto alto sia tra i carcerati che tra i carcerieri. È, inoltre, fondamentale distinguere tra due tipi di suicidio: il suicidio deliberato, atto consapevole e volontario, e il suicidio inconscio, in cui l'individuo attua una serie di comportamenti autodistruttivi. In vista di ciò è necessaria un'opera di sensibilizzazione e prevenzione, seppur si tratti di un'azione molto complicata. È necessario partire dal togliere la paura nei confronti delle figure professionali che si muovono in ambito psicologico. È necessario anche che i diversi enti creino servizi al fine di assicurare un benessere psicologico: dalle istituzioni, alle scuole, ai posti di lavoro, ai social». Queste le parole di Antonio Montrone, psicologo e psicanalista dello sportello psicologico "Primo Passo".
Il suicidio continua a essere una delle maggiori cause di morte, soprattutto in Italia. È indispensabile un lavoro di sensibilizzazione, ma soprattutto delle azioni concrete che possano essere accessibili a tutti. La prevenzione è un impegno collettivo e fondamentale per l'intera società.
Di seguito l'intervista a Felice Addario, assessore alle Politiche Sociali.

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