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Uva da tavola, è corto circuito: ai produttori 40 centesimi per kg, al supermercato costa 4 euro

Cia Puglia: «Occorrono cinque azioni nell'immediato»

Prezzi da fame riconosciuti ai produttori, costi di produzione insostenibili, aziende agricole tra l'incudine della grande distribuzione organizzata e il martello di condizioni di assoluta non competitività con i Paesi dove produzione e logistica costano fino al 50% di meno. È questo, in estrema sintesi, il quadro delineato da Cia agricoltori italiani di Puglia nel corso del Tavolo sull'uva da tavola convocato in Regione Puglia dall'assessore Donato Pentassuglia, che si è svolto martedì mattina. L'incontro si è tenuto alla presenza del presidente della Commissione attività produttive della Regione Francesco Paolicelli e di numerosi sindaci.

«Abbiamo fatto alcune richieste specifiche e che necessitano di risposte concrete e urgenti: chiediamo di salvaguardare in via prioritaria l'uva da tavola pugliese, tenendo conto che è un momento storico davvero fondamentale per il futuro dell'agricoltura» ha dichiarato Giannicola D'Amico, vicepresidente vicario regionale Cia Puglia.

«Condividiamo la necessità, già espressa dal Copa e dalla Cogeca, di fissare gli importi massimi del sostegno per i ritiri dal mercato e delle quantità massime di prodotti assegnati per Stato membro. I ritiri dovrebbero essere organizzati attraverso le organizzazioni di produttori per i loro membri e per i singoli coltivatori che desiderano unire le forze con le organizzazioni produttive. I ritiri dovrebbero anche promuovere la distribuzione gratuita di frutta e verdura trasformata, così da aumentare l'efficacia dell'intervento, e per semplificare la logistica, adottando un approccio etico basato sulla solidarietà».

Per Cia Puglia occorrono cinque azioni nell'immediato: un incontro urgente con i responsabili regionali e nazionali della Gdo; misure specifiche nel Piano di sviluppo rurale pugliese (misura 22) e nell'ambito del Piano nazionale di ripresa e resilienza; una campagna di sostegno al consumo di uva da tavola pugliese; l'esonero dei contributi previdenziali e assistenziali per lavoro autonomo e per assunzione di manodopera; la riduzione degli oneri fiscali per i lavoratori agricoli. Elencate, poi, una serie di misure a medio e lungo termine, con interventi strutturali che riguardano fitopatologie, risorsa irrigua, infrastrutture di stoccaggio e logistica, autosufficienza energetica, calamità e azioni che affrontino lo 'strozzinaggio' legalizzato dei breeders.

«Le imprese pugliesi del settore sono un vanto e un fiore all'occhiello ma il sistema-paese e le regole europee incidono mortificandone la competitività» ha aggiunto D'Amico. «Servono regole nuove per agevolare l'incontro tra domanda e offerta di manodopera, favorire le aggregazioni, rendere operativo il catasto frutticolo nazionale istituito dal decreto ministeriale del 27/05/2022, che deve rappresentare un valido strumento di programmazione per il comparto e di indirizzo politico, oltre che per la tracciabilità dei prodotti, rivedere immediatamente i negoziati europei con i Paesi extra europei, contingentando le importazioni per quantitativi e per periodi limitati nell'anno».

La situazione è critica: «L'uva senza semi è pagata ai produttori a circa 70 centesimi al kg, un prezzo che non garantisce il recupero dei costi di produzione mentre addirittura per l'uva con semi non c'è richiesta. Nelle ultime settimane il prezzo dell'uva pagato ai produttori è di appena 0.30-0.40 euro al chilogrammo, mentre i prezzi al supermercato toccano i 4 euro al kg, livelli che rendono impossibili i consumi a causa del ridotto potere di acquisto degli utenti» hanno rilevato da Cia Puglia.

La Puglia è la prima regione italiana per numero di aziende, quantità e qualità della produzione di uva da tavola. Il dato complessivo regionale si attesta su una superficie di 24.900 ettari utilizzati e una produzione di circa 6.000.000 quintali. L'Area Metropolitana di Bari, da sola, registra 11.000 ettari utilizzati e una produzione annuale pari a 2.330.000 quintali. La provincia di Taranto è interessata con una superficie di circa 8100 ettari e una produzione annuale di circa 2.200.000 quintali. La provincia di Barletta-Andria-Trani è interessata con una superficie di circa 4200 ettari ed una prduzione di circa 950.000 quintali. Seguono le province di Brindisi con una superficie di circa 900 ettari ed una produzione annuale di 270.000 quintali e la provincia di Foggia con circa 700 ettari ed una produzione di circa 170.000 quintali. «La crisi del settore colpisce tutta la Puglia: bisogna agire subito» ha concluso D'Amico.
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