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Scuola e Lavoro

Invalsi: «Più della metà degli studenti pugliesi è impreparata». È solo colpa della DAD?

Pesante il quadro dipinto dall'ente di valutazione

Le prove invalsi sono state un disastro per gli studenti pugliesi. Il dato che emerge dalle tabelle è inquietante: oltre la metà di loro non ha acquisito le competenze minime in italiano e matematica. E in inglese non va molto meglio.
Il 59% degli studenti che ha effettuato le prove non ha raggiunto i livelli minimi in italiano; il 69% non ha maturato le competenze in matematica. Quasi due neodiplomati su tre è risultato non essere pronto per lasciare le superiori. Eppure sino a non molto tempo fa la Puglia spiccava tra le altre regioni del sud.

Colpa della DaD? Non solo. C'è da dire che da sempre i docenti contestano la validità delle prove Invalsi, ritenute inidonee per valutare nel complesso la preparazione degli studenti.
Stavolta però il dito è puntato contro la didattica a distanza. Non usa mezze misure il presidente dell'associazione dei presidi pugliesi Roberto Romito: «Sicuramente ha pesato, in particolare per gli ultimi due mesi di scuola, il messaggio di disincentivazione della frequenza scolastica che è stato lanciato a studenti e famiglie attraverso le ordinanze che hanno consentito la cosiddetta "didattica a scelta". Auspichiamo che non si ripeta più questo errore, ma che in condizioni di rischio pandemico accettabile si mettano in campo finalmente tutte le misure atte a far sperare in un più regolare avvio del prossimo anno scolastico: dalle vaccinazioni degli studenti fra 12 e 18 anni di età al completamento di quelle dei docenti e del personale delle scuole, dal tracciamento dei contagi alle misure di prevenzione attuate nelle stesse scuole per mezzo del personale sanitario a loro dedicato (i TOSS), senza trascurare l'effettivo potenziamento del trasporto pubblico locale».

C'è però chi ha un diverso punto di vista. Sulle pagine del Corriere del Mezzogiorno, la docente di Psicologia Generale e Sociale dell'Università di Foggia, la coratina Isabella Loiodice difende la Dad: «Per fortuna abbiamo potuto contare sulla didattica a distanza che ha consentito di garantire la continuità della formazione degli studenti in un modo impensabile sino a pochi anni fa. Si può facilmente immaginare quali sarebbero stati gli effetti di una totale interruzione del processo educativo e formativo. Ci aspettavamo un calo degli apprendimenti ma, per certi versi, la didattica digitale è stata una salvezza. Sembra ormai chiaro che occorre tornare al più presto alla formazione in presenza ma dobbiamo anche capitalizzare le esperienze maturate lontano dalle aule».

Interessante la lettura del prof. Maurizio Quinto, docente di chimica analitica nell'Università di Foggia, che attribuisce il flop all'aver lasciato decidere alle famiglie quale tipo di didattica adottare. Ecco ciò che riferisce Quinto.

«Le prove Invalsi sono spesso oggetto di critiche per le modalità con le quali vengono svolte, tant'è che molto spesso ne è stata invocata la loro cancellazione, anche con scioperi indetti da sindacati a livello nazionale. È pur vero, però, che provano a dare una fotografia dello stato di salute dell'istruzione italiana, e del successo che ha avuto il processo di trasmissione cognitiva e culturale tra il docente e lo studente. L'immagine che ci restituisce il quadro delle prove Invalsi di quest'anno è impietoso, e dimostra quanto la didattica a distanza, nonostante il notevole impegno profuso dai docenti ed in generale da tutte le istituzioni scolastiche, non sia in grado di sostituire la didattica in presenza, che, oltre al trasferimento puramente nozionistico, permette al docente ed allo studente di stabilire quel rapporto simbiotico che porta naturalmente al trasferimento delle conoscenze».
Se i risultati italiani sono negativi, quelli pugliesi sono scoraggianti. Da docente, penso con amarezza ai colleghi delle scuole di ogni ordine e grado che, dopo tanti sforzi e sacrifici, vedono vanificare quanto fatto leggendo i risultati statistici diffusi oggi, ed immagino il loro scoramento e la loro delusione.
In Puglia, a differenza delle altre regioni italiane, si è deciso di lasciare libera scelta alle famiglie di mandare o meno i propri figli a scuola. Tale scelta, al di là della sua opinabile efficacia nel contrasto alla pandemia, ha creato situazioni difficilmente controllabili dal punto di vista didattico, che hanno sfiancato i docenti ed i dirigenti, i quali si sono dovuti barcamenare in mirabolanti peripezie per garantire alle famiglie quanto autonomamente avessero richiesto e deciso.
Questi dati, dunque, forse possono indurre a riflettere anche sulla misura in cui le scelte politiche delle varie Regioni abbiano influenzato il rendimento scolastico dei nostri ragazzi: per esempio, posso affermare con certezza che per un docente la situazione che maggiormente penalizza il processo del trasferimento delle conoscenze è stata la didattica mista. Pensare di poter erogare didattica di qualità contemporaneamente agli studenti in classe ed a quelli a casa, è una impresa a dir poco impossibile. In un contesto di emergenza generale, la soluzione mista è, a mio parere, di gran lunga meno efficace della DAD "pura", che permette di utilizzare la tecnologia al meglio e di concentrarsi sulle metodologie didattiche virtuali, che sono evidentemente molto differenti, per tempi e modi, di quelle in presenza.
Sarebbe molto utile, dati alla mano, verificare quali scelte politiche hanno determinato un minor danno nel trasferimento delle conoscenze: a giudicare dai risultati, quella della Puglia dovrebbe essere considerata una esperienza da non ripetere».
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