La fontana della Montagnola
La fontana della Montagnola
Cultura

La Montagnola compie 96 anni e si rifà il look

La storia della fontana realizzata da Cataldo Musto nella ricerca condotta da Giuseppe Magnini e Rino Scarnera

Probabilmente fu la Battaglia del Grano (1925) a stimolare la fantasia del maestro Cataldo Musto nella realizzazione della fontana della Montagnola in piazza Vittorio Emanuele che oggi compie 96 anni.

Alla statua con le sembianze di una donna e con un mannello di grano in mano, che rimanda alle immagini iconografiche della Dea Demetra, gli studiosi locali Giuseppe Magnini e Rino Scarnera, appassionati di storia locale e soci ArcheoClub, hanno dedicato all'"unica statua laica femminile presente in città" una dettagliata ricerca.

In questi giorni la fontana è in fase di restauro con il ripristino delle parti impiantistiche ammalorate (idraulica ed elettrica), la pulizia della vasca e la resinatura della stessa, ma ripercorriamone la storia attraverso i dati raccolti dalla ricerca di Magnini e Scarnera.

La Montagnola fu inaugurata il 24 marzo 1925 e le sue sembianze si riconducono alla Dea greca Demetra (o Cerere secondo la religione romana) che era la dea dell'agricoltura, divinità materna della terra e della fertilità del suolo che proteggeva i campi e le messi, artefice del ciclo delle stagioni (mito del ratto di Persefone), ma anche dea della nascita, poiché tutti i fiori e gli esseri viventi erano ritenuti suoi doni.

Viene rappresentata come una matrona, severa e maestosa, bella e affabile, con in mano i prodotti della terra, tra cui anche il mannello di spighe, simbolo del ciclo della rinascita ed emblema della primavera.

Nella sua semplicità, la statua della Montagnola, col suo fascio di grano è specchio di una determinata epoca a cui si è attribuito un valore simbolico di prosperità, di abbondanza e di buon auspicio. Era ed è l'unica statua laica femminile presente a Corato e per questa peculiarità - sottolineano i due esperti - andrebbe maggiormente valorizzata sia la sua storia ma anche quella del suo creatore, il maestro Cataldo Musto, che ha voluto eternare nel viso della Montagnola, leggiadro e delicato, il volto della donna amata, moglie e madre lavoratrice, a dimostrazione di come, alla fine, più che la storia e la tradizione è l'amore la forza più prorompente capace di valicare i confini del tempo.

La scultura

La scultura della Montagnola, in pasta cementizia, poggia su di una base formata da 4 scalini circolari di diverso diametro dal più grande, in basso, al più piccolo in alto, su cui erano riposte una serie di pietre carsiche e delle casette per le anatre, oggi non più presenti.

La fontana ha una forma di parallelepipedo, con due rigonfiamenti nella parte anteriore inferiore, da cui si diparte il collo di una figura animalesca dalle sembianze canine, dalla cui bocca fuoriesce un tubicino per il getto dell'acqua. Sulla sua testa un rilievo di un rametto con foglie di acacia. Nella parte superiore della fontana è poggiata un'anfora con manico ad anello, dalla bocca larga fuoriesce un soffione dell'acqua.

Nella parte posteriore è incisa la data 1925, mentre a rilievo è rappresentato lo stemma di Corato con la corona a nove punte, lo scudo, le quattro torri e il cuore al centro.
Sulla superficie destra della fontana era rappresentato a rilievo il fascio littorio, poi rimosso con la caduta del fascismo (25 luglio 1943).

La Montagnola

La donzella denominata Montagnola è rappresentata in posizione eretta, scalza, col piede destro avanzato rispetto al sinistro. Proprio in corrispondenza del piede destro si trova la firma dell'autore con la scritta "Musto 1925".

Indossa un abito tipico caratterizzato da una gonna lunga sotto le ginocchia, un grembiule, una camicetta con le maniche rimboccate ed un corpetto che avvolge i fianchi, che prende il nome di Pacchiana, molto diffuso nella zone montuose del centro-sud Italia, da cui deriverebbe il nome Montagnola. Il capo è rivolto verso destra e ha il volto sorridente, la lunga chioma è avvolta da un copricapo annodato nella parte posteriore. La mano destra tiene un'anfora poggiata sulla fontana, mentre con il braccio sinistro sostiene un folto e lungo fascio di spighe di grano. Proprio questo fascio di spighe di grano risulta un particolare inedito nelle realizzazioni scultoree di una donna alla fonte. Ecco perchè la raffigurazione delle spighe viene fatta risalire probabilmente all'evento storico-politico che caratterizzò tutta l'Italia della Battaglia del Grano.


CATALDO MUSTO

Il maestro Cataldo Musto, nato a Corato il 23 marzo 1876 (morto il 19/12/1956) è stato il direttore del carcere Mandamentale di Corato dal 1923 al 1939, assistito per il reparto femminile da sua moglie Grazia D'Imperio. A Corato era meglio conosciuto come artista per la realizzazione di numerose sculture, come il Cristo Redentore, inaugurato 11/4/1926 su via Dante, che a causa dell'esposizione alle intemperie subì molti danni e fu sostituito con un altro Cristo Redentore negli anni '80; la Madonna della Pietà, conosciuta col nome di Calvario presente nel giardinetto recintato su via Aldo Moro, inaugurata il 18/6/1936; la fontana col Puttino, su corso Mazzini di fronte alla chiesa evangelica che purtroppo fu rimossa intorno agli anni '60; e una serie di fioriere presenti nelle piazze di Corato e oggi presenti sui viali del cimitero comunale.

Musto collaborò con il suo allievo il prof. Onofrio Soldano nella realizzazione della statua del Balilla, in cemento armato a tinta granitica, inaugurata il 10 giugno del 1933 nell'allora "Casa del Balilla", oggi scuola statale L. Santarella, ma viene particolarmente ricordato per la realizzazione della fontana con la Montagnola.

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